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19 luglio 2011 2 19 /07 /luglio /2011 09:35


Vivamus mea Lesbia, atque amemus,
rumoresque senum severiorum
omnes unius aestimemus assis!
soles occidere et redire possunt:
nobis cum semel occidit brevis lux,
nox est perpetua una dormienda.
da mi basia mille, deinde centum,
dein mille altera, dein secunda centum,
deinde usque altera mille, deinde centum.
dein, cum milia multa fecerimus,
conturbabimus illa, ne sciamus,
aut ne quis malus invidere possit,
cum tantum sciat esse basiorum.

Viviamo nell'amore, Lesbia mia!
E i vecchi astiosi e i loro brontolii
non valgano per noi neanche un centesimo.
Ogni giorno finisce e poi ritorna,
ma quando il breve giorno della vita
avrà visto il tramonto, dormiremo
una notte senza fine. Ora dammi
mille baci, poi cento e poi altri mille,
e ancora cento, mia cara, e ancora mille.
Quando saranno cento volte mille
confonderemo i conti, che nessuno
possa farci il malocchio, conoscendo
un così grande numero di baci.

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15 luglio 2011 5 15 /07 /luglio /2011 19:10

C’era agitazione per la casa, perfino dalla cantina aveva sentito le voci irritate. Con prudenza si era avvicinata per ascoltare: la voce di Christian era alterata, non sembrava neanche lui. L’altra voce, beffarda, era quella di Reffe.

 

«Sei finito, cacciatore di fantasmi! Domani sarà l’ultimo giorno! Preparati a finire su tutti i telegiornali come il più grande imbroglione di tutti i tempi!» il tono di trionfo era insopportabile. «Se il tuo fantasma non si vede entro domani e non si fa immortalare con un bel sorriso, ti rovino per sempre!»

Come odiava quell’uomo che faceva arrabbiare tanto Christian…

Si era allontanato ridendo verso il giardino, gli altri erano rimasti attorno al ragazzo che stava tirando fuori degli aggeggi ancora più strani.

«Ok, ragazzi! Ora ci giochiamo il tutto per tutto!»

«Cosa intendi fare?»

«Proverò con il campo magnetico: se l’entità si avvicina al campo sarà distrutta»

Erano tutti così sconsolati.

«Siamo partiti così bene… perché non si è più mostrato?»

Christian appariva stanco.

«Non capisco…dopo aver rovesciato quella telecamera è come se l’entità fosse sparita!»

Lilia respirava a fatica e le mani le tremavano violentemente. Lei… stavano cercando lei!

Stupida! Ancora una volta non aveva capito nulla! Stavano cercando un fantasma in quella casa, una cosa brutta e spaventosa, e cosa c’era di brutto lì se non lei?

Scappò via barcollando fino alla cantinetta e si gettò a terra. Urlò, pianse come non faceva da tanto. Nessuno l’avrebbe mai sentita lì sotto.

Christian voleva distruggerla… non sapeva bene come, ma sembrava una cosa che faceva tanto male.

Molte ore dopo si era calmata, era rimasta a terra sul suo straccio a lungo, immobile, poi si era mossa.

Era notte, era salita verso la camera di Christian lungo la solita via sicura. Lui dormiva. Era rimasta a vegliarlo pensando.

Aveva bisogno di lei: quell’uomo malvagio aveva detto che se non si fosse mostrata entro l’indomani gli avrebbe fatto delle cose cattive.

Lui era così triste per quella meschinità, così arrabbiato…

Ricacciò indietro le lacrime: aveva paura come quella volta nel fiume. Quella parola, “distrutta”, la terrorizzava, tremava talmente forte per l’angoscia che temeva di svegliare il ragazzo.

 

Christian aveva bisogno di lei, come aveva creduto che Tobi avesse bisogno di lei. Sarebbe andato via infelice per colpa sua e lei non poteva lasciare che la paura la fermasse. Pensava… forse “distrutto” faceva male per un momento, ma poi sarebbe passato.

Restò a lungo a vegliare, mentre l’alba si avvicinava si sentiva più coraggiosa.

La luce filtrò impalpabile dalla finestra, Lilia si avvicinò a Christian e lo baciò come aveva visto fare ad Ambra. Pianissimo, però, per non svegliarlo.

Scese nella cucina. Voleva rivederla ancora perché sentiva che una volta distrutta non sarebbe più potuto tornare nella casa.

Era stata così tanto tempo lì...

Si stavano alzando tutti, lo sentiva, i rumori della casa che si risvegliava la raggiungevano ovattati.

Tornò zoppicando verso il salone dove c’erano tutte quelle cose strane e dove aveva visto Christian che montava la più strana di tutte.

 

Lentamente, si lasciò vedere. Mentre la sua figura appariva e prendeva forma, un mormorio primo e poi qualche grido strozzato venne dalla troupe. Continuavano a girare meccanicamente, quasi frenetici, ma gli occhi di tutti erano su di lei. L’entità teneva gli occhi bassi, fissi a terra, umiliata da quelle grida di disgusto che sentiva. Le lacrime scorrevano silenziose lungo le guance.

Lilia aveva paura, temeva che le avrebbe fatto tanto male, ma Christian aveva bisogno del suo aiuto. Si avvicinò zoppicando al campo magnetico che lei vedeva come una luce azzurra: sembrava il colore del cielo sopra le colline, che non aveva più visto.

Sapeva che non avrebbe dovuto farlo, ma non poteva andarsene senza aver guardato ancora una volta Christian. Alzò appena lo sguardo su di lui: era lì che la fissava.

Fece un passo avanti, si immerse nel campo magnetico come aveva fatto nella corrente del fiume, una luce scintillante la avvolse, riconobbe il calore di due braccia forti e gentili, e il profumo di biscotti  e pane e tante altre cose buone e fu improvvisamente felice: nessuno avrebbe più fatto arrabbiare Christian e la mamma era venuta finalmente a prenderla.

                 

                                                             FINE

 

 

 

 



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15 luglio 2011 5 15 /07 /luglio /2011 19:08

Il lamento di Christian l’aveva raggiunta nel sonno, un’imprudenza imperdonabile, in un attimo si era sollevata in piedi ed era corsa accanto al letto. Non era la prima volta che succedeva, anche a lei capitava ogni tanto di sognare brutto, soprattutto quando Gustavo era nella casa, e allora la mamma la svegliava e l’abbracciava stretta finché il battito del cuore si calmava e i brutti pensieri andavano via.

Avrebbe voluto fare come la mamma, ma non sapeva come.

Il ragazzo si agitava nel sonno, parole senza senso uscivano dalla sua bocca, Lilia prese coraggio e afferrò piano la sua mano. Christian sembrò calmarsi, il respiro tornò gradualmente regolare, ma aveva stretto con forza la mano di Lilia.

Era scomoda, non poteva muoversi e la schiena le faceva male, ma era rimasta lì, sorpresa dal calore che le trasmetteva quella mano. Era come la carezza della signora.

Lilia si sentiva stanca, le palpebre si appesantivano, ma non poteva dormire: Christian non doveva trovarla lì. Era confusa, ma una cosa la sapeva con certezza: lui non avrebbe mai dovuto incontrarla, se l’avesse vista sarebbe diventato come Gustavo e l’avrebbe mandata via tirandole i sassi.

La mamma le aveva insegnato a non lamentarsi mai della sua vita e ad accontentarsi di tutte le cose buone che aveva, ma questa volta desiderava qualcosa di più: avrebbe voluto potersi sdraiare un attimo stringendo la sua mano, potersi addormentare e riposare, senza scappare, senza sentirsi così sola… Per la prima volta in tutti quegli anni, si trovò a desiderare di non doversi nascondere, di poter restare accanto a Christian fino al suo risveglio, senza fargli paura, senza essere cacciata via con male parole.

Dalla finestra filtravano già le prime luci della giornata, cautamente sfilò la mano dalla stretta del ragazzo e si allontanò. Non aveva altra scelta: questi nuovi padroni guardavano dappertutto, ma non sapevano dell’esistenza della cantinetta. Era l’unico posto sicuro, anche se puzzava di muffa. Si raggomitolò sul pavimento umido, protetta solo da un vecchio straccio, ma non si sentiva freddo questa volta: era come se dalla sua mano continuasse a irradiare un calore che la riscaldava tutta e le faceva compagnia.

 

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15 luglio 2011 5 15 /07 /luglio /2011 19:07

Il rumore dei passi l’aveva svegliata, lesta Lilia si era ritirata verso la cantinetta, attraverso il passaggio adiacente alla cucina.

«Guarda: una vecchia stufa!»

«Lascia stare, è tutto pieno di polvere! Che razza di topaia…» Reffe era irritato.

«Peccato, è una bella casa, se non fosse infestata…»

«Si, infestata di idioti! Comunque i dieci giorni che avevamo pattuito stanno per scadere: ancora qualche giorno e ce ne andiamo tutti»

«Sembri contento… »

«Puoi scommetterci: ce l’ho in pugno! Le sta provando tutte per catturare la sua entità, peccato che non si faccia vedere! Ed è ovvio, visto che non c’è un bel niente se non topi e scarafaggi»

Un rumore che ricordava vagamente una campanella fece sussultare Lilia che era rimasta accucciata ad ascoltare.

«Pronto!» l’uomo parlava con una scatoletta, era quella che aveva fatto il rumore.

«Certo, è quasi fatta. Nessun fantasma naturalmente: il re delle classifiche è finito per sempre»

Lilia fu colpita dalla frase piena di ostilità come da uno dei pugni di Gustavo: parlava di Christian, lo chiamava sempre “il re delle classifiche”, anche se non sapeva cosa significasse.

Reffe e l’operatore erano andati via, Lilia si era appoggiata contro il muro ruvido. Cosa voleva dire che stavano per andare via? Aveva detto dieci giorni, perché dieci giorni?

Lilia era disposta a stare rintanata nella cantinetta, era disposta a passare anche tutto l’inverno lì, al freddo, pur di poter vedere ancora Christian. Non poteva andare via e lasciarla di nuovo nella casa vuota… anche lui, come la mamma, stava per abbandonarla.

Dimenticando la prudenza, era scivolata fino al salone dove sperava di trovarlo: lui era lì, lo sguardo chino su uno di quei aggeggi che lei aveva imparato ad evitare:

Se solo avesse capito cosa cercava: lei conosceva più di chiunque altro la grande casa, avrebbe potuto condurlo all’entità, di sicuro sapeva dov’era. Se solo avesse capito…

Aveva ragione Gustavo: che guaio essere scema e non capire niente.

Era entrata la ragazza magra, magra: «Funziona?»

«No, non capisco… Sembrava un caso semplice, ma questa entità non si mostra mai. Non ho mai visto un comportamento così!»

La ragazza si era avvicinata. Era strana.

L’aveva accarezzato lentamente, insinuando le mani sotto la camicia. Lui si era appena voltato e l’aveva baciato stringendolo forte.

Lilia non capiva.

«No, Ambra, non ora!» Christian si era sciolto dall’abbraccio.

«Cosa vuoi che cambi? Anche se troviamo il modo di passare un po’ il tempo in questo posto…»

«I dieci giorni sono quasi scaduti e voglio concentrarmi sul caso!»

«E se il fantasma non salta fuori?»

«Tu non capisci! E’ in gioco tutto quello che ho costruito finora! Reffe ha fiutato lo scoop e vuole distruggere una volta per tutte la mia credibilità»

«Stai esagerando!»

«No, affatto! Se non riesco a dimostrare che questa casa è infestata, perderò tutto!»

Lilia era indignata. Avrebbe picchiato con le sue mani quell’uomo cattivo! Lo sapeva, lo aveva capito subito che voleva fare del male a Christian!

Aveva capito anche che stavano cercando un fantasma. Non ne aveva mai visto nessuno, ma aveva sentito tante storie spaventose che ne parlavano; sapeva solo che erano cose brutte e cattive, perché lo cercavano in quella casa?

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15 luglio 2011 5 15 /07 /luglio /2011 19:05

«Ti dico che qualcuno ha fatto scattare le telecamera! E’ sensibilissima e…»

«Sì, certo, un bel gattone magari!» Reffe era appena arrivato con il suo operatore.

«Se permettete, adesso ci pensiamo noi. Gli accordi erano chiari: il servizio lo facciamo noi, non mi fido dei vostri giocattoli truccati »

L’uomo era alto e massiccio, la voce forte dall’impostazione perfetta era incrinata dal tono sprezzante.

Era deciso a demolire una volta per tutte quel pagliaccio che faceva pacchi di soldi con le sue false avventure nel paranormale.

Lilia lo aveva visto arrivare e aveva capito subito che non era simpatico a Christian. Aveva capito anche un’altra cosa: doveva stare lontana da quei cosi neri che si muovevano quando sembravano fermi.

Quando era calata la notte, erano andati avanti a lungo a parlare e a trafficare attorno a quegli oggetti strani, ma poi erano andati tutti a dormire.

Lilia finalmente aveva potuto uscire dalla cucina, prudentemente era salita lungo la scala un po’ scricchiolante, ma conosceva tutti i gradini e tante volte giocava a salirla senza fare il più piccolo rumore.

Christian dormiva sempre profondamente, Lilia non sapeva cosa fare, voleva  salire da lui per restare a guardarlo alla luce della luna che filtrava dalla finestra.

Un impulso insensato le aveva fatto allungare una mano per accarezzarlo, toccarlo almeno una volta, si sentiva come se le farfalle le volassero nello stomaco, il cuore le batteva così forte che le sembrava perfino di averlo nelle orecchie, era così bello e lei si sentiva così leggera, “Oh mamma, ma cosa mi succede?”.  Piano, con la punta del dito, gli sfiorò il braccio.

Quando girava attorno alla casa aveva visto molti uomini senza camicia, ma non ne aveva mai toccato nessuno, anzi, le avevano sempre fatto provare un certo disgusto, inoltre, la mamma, le aveva detto di stare sempre lontana, ma per lei non era mai stato difficile: i ragazzi la deridevano e i più vecchi le dicevano cose altrettanto cattive che non sempre capiva, capiva solo dal tono della voce che erano cose sporche,se le avesse dette al curato sicuramente avrebbe predetto per quegli uomini le fiamme dell’inferno, mentre a lei diceva sempre che gli Angeli del Signore l’avrebbero protetta.

Continuava a guardare Christian, sentiva la sua pelle sotto il dito: era così morbido ed aveva un profumo di fresco, particolare, frizzante, si sentiva turbata… Era quasi come la mamma, ma era diverso: lei profumava di pane e di biscotti e di tante cose buone e quando l’abbracciava, la teneva stretta, stretta e  a lei piaceva affondare in quelle braccia sempre accoglienti…

I peli dell’avambraccio le fecero il solletico, voleva ridere di gioia, ma il timore gelò il suo riso.

Se fosse stata bella come la signora che era venuta in cucina... Il dolore l’afferrò quasi a tradimento.

Ritirò la mano bruscamente: lui non doveva vederla, non avrebbe mai dovuto vederla!

Una lacrima cadde sul braccio, quasi dov’era stata la sua mano, scivolò piano fino a perdersi nel lenzuolo.

 

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15 luglio 2011 5 15 /07 /luglio /2011 19:01

Le mancava la mamma più che mai: lei avrebbe saputo dirle cosa le succedeva, con la sua saggezza aveva sempre una spiegazione per tutto e le avrebbe detto cosa doveva fare.

Lilia aveva spiato con ansia i rumori della casa, ma nessuno si era avvicinato alla cucina: quando c’erano ospiti doveva sempre fare tanta attenzione a non mostrarsi e non era tranquilla.

Era uscita con cautela quando non aveva più sentito nessun movimento, ma era quasi mattina. Si avvicinò a quegli strani oggetti che aveva visto, ma da vicino erano ancora più sconcertanti, scuri, pesanti e freddi.

Sembravano inerti, ma all’improvviso uno fece un rumore secco come uno schiocco e un ronzio e una luce rossa si accese di colpo. Per lo spavento, Lilia cadde a terra trascinando con sé una di quelle scatole, la più piccola.

Le luci si accesero nelle stanze e le voci concitate delle persone si stavano avvicinando.

Lilia sgusciò via più veloce che poteva. Era successo di nuovo! Non voleva far paura alla gente o far scappare le persone, ma si annoiava tutto il giorno in cucina e quando usciva fuori la notte finiva sempre per combinare qualche pasticcio!

Con uno sforzo, Lilia cercò di rotolare dietro un mobile massiccio che nascondeva una piccola nicchia, aveva il fiato corto ed era terrorizzata,  da lì comunque poteva vedere la gente nel salone.

Christian era arrivato subito però nessuno l’aveva cercata: si erano raccolti attorno a quell’oggetto nero che l’aveva tanto spaventata.

«Presto! Vediamo cosa ha filmato!»

Il ragazzo fece scorrere lentamente la registrazione fermando più volte le immagini.

 

«Guardata! Un’ombra! Si vede chiaramente: l’entità ha attivato la telecamera ma non è stata inquadrata, c’è solo un movimento.»

Ambra aveva osservato con cura l’altra telecamera, quella che era finita a terra.

«La tua entità fa cadere gli oggetti»

«Sì, è quello che hanno detto tutti i testimoni: si manifesta facendo cadere qualcosa»

Lilia ascoltava attenta. Cos’era un’entità? Era una parola che non conosceva, non sentiva bene tutta la conversazione, sembrava che parlassero di qualcuno nella casa, ma non c’era nessuno lì.

Christian era davanti a lei, assorto. Lilia lo guardava a bocca aperta, le piacevano così tanto i suoi occhi neri dalle ciglia lunghe.

«Cominciamo bene… Peccato che Reffe non sia ancora arrivato» aveva quasi bisbigliato «Forza, torniamo a dormire ora!»

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15 luglio 2011 5 15 /07 /luglio /2011 19:00

Lilia aveva sentito di nuovo quel rumore: ormai lo conosceva bene, però non sapeva a cosa appartenesse. Le carrozze non si fermavano più da tempo davanti alla casa.

Era rimasta lì come sempre, ma non aveva più trovato la mamma. La casa era grande e vuota e Lilia aveva paura, ma la sua mamma non era più venuta a prenderla. Era sicura che sarebbe tornata, ed ogni volta che sentiva aprirsi la porta correva più in fretta che poteva in cima al lungo scalone per vedere se era lei, ma ogni volta erano degli sconosciuti. Ubbidiente, andava a nascondersi in cucina per non farsi vedere. Se venivano fin lì, si rifugiava nella soffitta e dormiva sul vecchio pagliericcio ammuffito, però non era la stessa cosa senza la mamma. Ogni tanto era sbadata e le cadeva qualcosa, ma non voleva fare paura a nessuno.

La casa era rimasta quasi sempre silenziosa, nel tempo, un paio di volte, erano arrivate squadre di operai che avevano messo a soqquadro tutto quanto. Lilia era terrorizzata, non sapeva dove nascondersi e una volta era stata costretta a scappare fino nella cantinetta profonda e buia: odiava quel posto umido che le faceva tanta paura.

Le persone che erano venute nella casa, però, non si erano mai fermate a lungo.

Non era più uscita fuori, tra le colline che le mancavano tanto, ma la mamma non voleva che si allontanasse se non c’era lei a portata di voce e poi poteva esserci Gustavo con i suoi amici.

Ora di nuovo quel rumore… altri stavano arrivando…

Corse barcollando fino allo scalone. Una volta non poteva girare liberamente per la casa ma ora che era sempre vuota, si era convinta che nessuno l’avrebbe sgridata. Nonostante tutto, si sentiva sempre un po’ intimidita e fuori posto nelle stanze dei padroni e preferiva rifugiarsi negli appartamenti della servitù.

La speranza non l’aveva mai abbandonata, ma dopo tante delusioni cominciava a chiedersi perché la mamma l’aveva lasciata sola così a lungo.

Si avvicinò al mancorrente di legno traforato: c’erano diverse persone questa volta, non avevano bambini ma delle cose nere e lucide molto strane. Avevano portato dentro cose che non aveva mai visto, parlavano a voce alta e facevano confusione. Non erano le solite scatole con i piatti e le suppellettili, non erano i soliti mobili…

La porta si era aperta ancora una volta ed era entrato lui.

Di solito restava a spiare solo il tempo necessario per accertarsi che non fosse la mamma, questa volta si sentiva come incantata da una strana magia e non riusciva a smettere di guardarlo.

«Cominciamo a montare le telecamere, poi sistemiamo l’attrezzatura» la sua voce era bella come lui, forte ma musicale.

«Christian!» il ragazzo si era voltato «Queste dove le mettiamo?»

Christian… Christian… Christian

Una ragazza tanto magra da sembrare malata aveva cominciato a salire lo scalone, a malincuore Lilia aveva dovuto allontanarsi e correre nella vecchia cucina.

Il cuore le batteva forte e non solo per la corsa, si sentiva strana e aveva quasi rischiato di farsi vedere.

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15 luglio 2011 5 15 /07 /luglio /2011 18:58

TEMPO DOPO

 

L’ufficio era animato, i telefoni squillavano senza tregua, Christian, infuriato, faticava a trattenere la collera mentre camminava su e giù per l’ufficio del suo editore.

«Calmati! Arrabbiarsi non serve a niente! Cerchiamo invece di capire cosa fare con Reffe!»

«Come faccio a calmarmi? Quel giornalista ne ha fatto una questione personale e mi attacca in ogni suo servizio»

«Guarda il lato positivo: il tuo nuovo libro sta per uscire e questa pubblicità gratuita è una manna insperata. E’ come la storia del Codice da Vinci: tutti correranno a comprarlo per curiosità»

«Sicuro, ma intanto quel bastardo mi ridicolizza davanti al mondo intero! Vuole farmi passare per un patetico ciarlatano che si inventa i fantasmi per vendere libri»

«Del resto non puoi negare che il tuo “La casa abitata” è andato veramente bene!»

Il ragazzo aveva sbuffato indignato.

«Va bene, Chris, cosa pensi di fare? »

«Gli dimostrerò che non sono un impostore! Quello che scrivo non sono storielle inventate per vendere copie, sono cose vere: io le ho viste!»

L’editore lo guardò a lungo, il suo fenomeno di incassi… un cacciatore di fantasmi dalla penna d’oro: la sua capacità di romanzare, le sue avventure nel paranormale ne avevano fatto un fenomeno editoriale in poco tempo.

«Bene, se ti senti sicuro, organizzerò un servizio per i telegiornali: Reffe  documenta mentre tu lavori, però devi essere forte: farà di tutto per innervosirti»

«Ce la posso fare! Gli ricaccerò in gola quel suo sorrisetto ironico!»

«Scegli un caso sicuro, io intanto sento quelli della televisione»

«Ce l’ho già il caso: la casa sulla collina! Un’infestazione semplice, un’entità che si manifesta poco, ma la cui presenza è stata ampiamente testimoniata. Finora non avevo voluto occuparmene perché era un caso piuttosto banale»

«Va bene, mi sembra un’ottima scelta. Ti mando una troupe: ne voglio ricavare un documentario, magari ne facciamo un dvd da allegare al libro»

Christian sorrise: il genio del marketing stava emergendo con prepotenza!

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15 luglio 2011 5 15 /07 /luglio /2011 18:56

Le vacanze erano quasi arrivate alla fine e, con qualche accorgimento era riuscita ad evitare Gustavo. Quella mattina si era allontanata un po’ troppo, ma era tutto così bello!

Tobi correva nella boscaglia dietro alle lepri e la terra era molle dopo il temporale della notte.

Aveva visto Gustavo troppo tardi e si era fermata, spaventata.

«Ma che fai lì, scema? Non hai visto che Tobi è caduto nel fiume e sta annegando?»

Lilia aveva sentito l’angoscia stringerla come una morsa… Tobi…

«Dai, corri!» aveva incalzato il ragazzo.

Lilia si era messa a correre verso la sponda con la sua andatura claudicante; non poteva avvicinarsi al fiume, la mamma glielo aveva sempre proibito.

Gustavo era già sull’argine e la chiamava a gran voce.

Lilia scese verso l’acqua scivolando: la riva era scoscesa e difficile per lei.

«Guarda, il tuo cane è là che annega!» Lilia aveva guardato verso il punto che le aveva indicato, ma vedeva solo una massa scura. I suoi occhi non erano buoni, però sentì i guaiti disperati di Tobi.

«Ecco, lo senti? Ormai non ce la fa più!» Gustavo le indicava sempre quel punto con insistenza «Ma che razza di padrona sei? Il tuo cane annega e tu non fai niente?»

Lilia era terrorizzata, le lacrime le scendevano lungo le guance e fissava quella macchia scura indistinta in mezzo al fiume. La voce di Gustavo era solo più un sottofondo, non ascoltava più le sue parole. Solo Tobi era nei suoi pensieri. Il suo amico, l’unico che le leccava la faccia e non aveva paura della sua faccia.

I piedi si erano mossi verso l’acqua, sapeva che non doveva essere lì, ma c’era Tobi… L’acqua le aveva bagnato il vestito, ma continuava ad avanzare zoppicando tra le pietre del fondo.

La corrente era forte e aveva paura, ma un guaito soffocato del cane l’aveva spinta ad affrettarsi. Doveva fare in fretta, doveva correre… ma come fare a correre in quell’acqua così forte? Non sapeva nuotare, poteva solo correre.

Non riusciva più a mettere il piede avanti, era come se una mano potente glielo strappasse per trascinarlo via. Respirava a fatica, ansimava tra la schiuma della corrente.

Vedeva Tobi, forse non era lontano, forse poteva salvarlo.

Forse ce l’avrebbe fatta ad arrivare in tempo anche con quelle sue gambe disgraziate che non riuscivano ad andare più veloci.

Dalla riva Gustavo rideva.

«Guarda la scema!»

I vestiti inzuppati impacciavano Lilia e il vecchio grembiule rattoppato si avvinghiava alle sue gambe.

Sulla riva Gustavo non era più solo: uno dei suoi amici cattivi si era avvicinato e il povero Tobi correva come impazzito lungo il fiume. Abbaiava e ululava, cercando di avvicinarsi all’acqua troppo forte per lui.

Lilia si sentiva stanca, non ce la faceva più a contrastare la corrente. Gustavo la stava prendendo in giro: aveva solo trattenuto Tobi per farle uno scherzo.  Era stanca e sentiva freddo ma il suo ultimo pensiero fu di felicità: Tobi era salvo.

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15 luglio 2011 5 15 /07 /luglio /2011 18:53

La mamma era nervosa e Lilia si sentì gelare dal panico. Ritirò un po’ la testa tra le spalle e incurvò la schiena ancora di più, come per tentare di sparire.

La donna insisteva «Perché non si muove? E’ sorda forse?»

«No, signora. Sa… lei… ecco, non le piace farsi vedere"

La donna si era avvicinata decisa e Lilia si era sentita avvolgere dal suo profumo.

«Dai, mostrami dov’è il salone!» la mano sulla spalla era salda e l’aveva stretta fino a costringerla a voltarsi.

«Mio Dio! »

La mamma aveva tentato un gesto per nasconderla, ma ormai era tardi. Era angosciata e spaventata.

«Sai parlare?»

«Sì, signora» Lilia teneva lo sguardo basso e vedeva solo l’ampia veste chiara.

«Come ti chiami?»

«Lilia, signora. E’ il nome di mia nonna» aveva parlato tutto d’un fiato.

«E’ un bel nome!»

«Mio padre non voleva impormi il nome, ma poi il signor curato ha insistito e ha detto che anch’io dovevo essere battezzata!»

«Aveva ragione! Quanti anni hai?»

«18, signora» Lilia vide una mano sottile e bianca che si avvicinava al suo viso e la costringeva ad alzarlo.

Vide il volto bellissimo della donna, i suoi grandi occhi chiari e luminosi «Ah! Allora siamo in età da marito!»

«Si, signora. Cioè… no! Io… come faccio a trovare un marito?»

Sentì la mamma che si agitava, ma non avrebbe mai osato cacciare via la sconosciuta.

«Hai degli amici o stai sempre qui con la mamma?»

«Oh, no! Ho Tobi! Lui mi accompagna sempre quando vado sulla collina e poi mi salta addosso e lecca la faccia! Lui… non ha paura della mia faccia»

La donna la guardò intensamente, sembrava commossa, con un gesto delicato le accarezzò il viso«Povera piccola… »

Una voce risuonò nel corridoio e la donna rispose, imboccò nuovamente la porta della cucina e sparì.

Lilia aveva sperato per tutta la giornata che tornasse, ma poi le carrozze erano ripartite.

La sera, prima di coricarsi sul pagliericcio che divideva con la madre, si inginocchiò a pregare.

«Mamma, posso pregare per la signora?»

«Sì, se lo vuoi» la mamma non sembrava contenta di aver visto quel bellissimo angelo così buono.

Non aveva più smesso di pregare ogni sera per la signora, ne parlava continuamente: nessuno era mai stato tanto buono con lei.

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