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6 novembre 2011 7 06 /11 /novembre /2011 21:19


Il monitor del computer rifletteva una pagina dai colori luminosi che narrava di un lungo viaggio in un’isola magica, al di là dei confini dell’emisfero. Chiara si scostò un po’ per osservarne soddisfatta l’effetto: lo sfondo verde e cristallino di un mare lontano invitava ad un tuffo, mentre le orchidee dai colori intensi in primo piano trasmettevano un irresistibile richiamo a magiche avventure. A Simone sarebbe piaciuto…

La prima volta che lo aveva visto era stato ad una delle tante riunioni: era stato assunto da poco, era un tecnico giovane e brillante. Quando gli aveva stretto la mano aveva capito che da quel momento, più nulla sarebbe stato come prima.

Era rimasta in silenzio per tutto il tempo, aveva immaginato di baciarlo, di stringerlo, un intero primo appuntamento era passato nella sua mente mentre osservava i giochi ramati che la luce ricavava dai suoi capelli bruni.

Era bello: quando sorrideva sembrava un ragazzino, con lei scherzava sempre, probabilmente la trovava simpatica e Chiara si lasciava travolgere ogni volta dall’emozione. Con il tempo aveva finito per apparirgli scostante e noiosa, sempre così concentrata sul lavoro, mentre non desiderava altro che svelargli se stessa e tutto ciò che avrebbe voluto dargli.

Simone era all’oscuro di tutto: era la storia di Chiara che si era snodata in una lunga catena di riunioni. Si incrociavano raramente nei corridoi, ogni volta si scambiavano un saluto cordiale ma lei per mesi lo aveva sognato come una ragazzina, la sue mente aveva costruito per loro mille storie, tutte diverse ma ugualmente intrise di passione, gli aveva scritto poesie che non avrebbe mai letto…

Ma purtroppo aveva scoperto presto di non essere il suo tipo di donna: un’altra riunione, l’ennesima, per tutto il tempo lui era stato distratto, l’oggetto del suo evidente interesse un’altra collega che rappresentava il contrario esatto di Chiara: piccola ed esile, giovane e dall’aria un po’ vulnerabile, tanto simpatica e piacevole da non poterla neanche odiare.

Questa volta era stato lui a tacere, così candidamente voltato verso la ragazza, ma Chiara aveva continuato a parlare, cercando disperatamente di seguire il filo, mentre tratteneva le lacrime con un’ostinata dignità che solo l’età e le troppe sconfitte le avevano insegnato.

Aveva provato una gelosia furiosa, mista alla disperazione di chi si è ormai arreso alla consapevolezza di non avere alcun diritto di provare per una volta quei sentimenti ricambiati.

Sapeva che non sarebbe stata solo l’età a dividerli come un muro; lei non era la donna che lui avrebbe voluto, era sbagliata, lo sarebbe stata comunque, era sbagliato il suo corpo, il colore dei suoi capelli e dei suoi occhi, era sbagliato il gelo che si portava dentro e che non la rendeva più capace di essere come un tempo.

Gli anni le avevano lasciato dentro i segni del dolore come coltellate, lui aveva ancora intatta la sua curiosità, la sua fiducia.

Aveva cominciato a preparare freneticamente ogni incontro, a comprare abiti costosi, a cambiare il taglio dei capelli, anche se sapeva che non sarebbe servito a niente. Non sapeva perché, ma Chiara lo aveva sempre immaginato libero da legami sentimentali, una banale conversazione alle macchinette del caffè a tema vacanze, le aveva svelato l’esistenza di una ragazza che divideva la vita con lui, che rubava quel posto che Chiara avrebbe voluto per sé. “Sciocca!” si disse, quella non rubava nulla: era Chiara a rubare ogni sguardo, ogni gesto di Simone; era lei che stava mendicando un amore che non avrebbe mai avuto.

Simone era l’ultimo sogno della sua vecchiaia, dei suoi anni che pesavano all’anagrafe e che la schiacciavano nella mente.

Erano stati tanti quelli che lo avevano preceduto, quelli per cui Chiara non andava bene, non era giusta, fino a dimenticare l’amore, ad accontentarsi della sua esistenza.

Simone l’aveva aggredita nel suo nulla con il suo semplice esistere, era il suo ultimo sogno, spezzato dalla realtà: non ce ne sarebbero stati altri.

 

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